poesia
I “Tweet dell’anima” di Mermolja
sono un canto sulla diversità
sono un canto sulla diversità
Sappiamo tutti cos’è un tweet, grazie ai social sappiamo che un tweet corrisponde a un breve messaggio digitale, contenuto in pochi caratteri ma in grado di essere riverberato da una homepage all’altra. Un tweet può contenere molte informazioni e hanno sempre a che fare con il presente, con ciò che si vive e con ciò che si pensa, in un tweet tutto è piuttosto immediato. Ma che cos’è allora un tweet dell’anima? Come le corrisponde? Ace Mermolja, poeta, scrittore e giornalista, intitola così la sua ultima raccolta in versi, “Tweet dell’anima”, in versione bilingue (sloveno/italiano) grazie alla raffinata traduzione di Daria Betocchi. Il libro nasce dalla sinergia tra le case editrici Vita Activa ed Editoriale Stampa Triestina (pagg.144, euro 12) e sarà presentato domani, alla Libreria Minerva alle 18 da Daria Betocchi e Ivan Verc.Tweet significa anche cinguettii, ci troviamo quindi di fronte ad alcuni cinguettii poetici, ma non sarebbe esatto. O meglio lo è nel senso del canto, ma indubbiamente sono cinguetti che sconfinano al di là di un breve canto perché va detto che Ace Mermolja dà il meglio di sé quando il respiro si allunga. Come osserva Betocchi nell’introduzione, la poetica dell’autore ha a che fare sempre con un confine, un margine, un limite, lo stesso che ci restituisce una riflessione sull’altro, inteso come identità altra, ma anche e soprattutto su quella “diversità” che connota ognuno di noi, sulle diverse anime che ci abitano. A partire dalla stessa Trieste, divisa tra il pensarsi in un modo e rivelarsi tutt’altro. Trieste, ci dice il poeta, è una mescolanza di questo e di quello. Lo sa bene Mermolja che racconta «la presenza in uno spazio e tempo definiti – osserva Ivan Verc – dove essere sloveno, sloveno a Gorizia e Trieste e sloveno che vive il confine e nel mondo, significano in primo luogo non cedere all’indifferenza, nella consapevolezza che spazi e tempi possano essere confluenti, spesso confliggenti». I due poemi più lunghi ci restituiscono innanzitutto un’identità che equivale a una “mescolanza”, ma quasi invischiata in una dimensione mitologica che impedisce ad ognuno di essere ciò che davvero è (“Patria”). La voce si fa più alta, più lirica e più originale tuttavia nel secondo testo, “Fumando una sigaretta con Ezra Pound”, una sorta di manuale di estetica, tanto più paradossale perché il testo affronta proprio l’incapacità, nella parola poetica, di descrivere adeguatamente la realtà e le sue tragedie, un testo metaletterario dunque contro ogni tipo di consolazione estetica. Eppure è proprio in questo componimento dal timbro (anche) esistenziale, estetico, dalla precisa volontà di scarnificare la propria onesta o disonestà intellettuale, che la scrittura si fa impegnata, civile, varcando tutti quegli ossimori che ognuno, per inconsapevolezza o timore, tende a rimuovere.
M.B.T.
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