“Il Piccolo” Giulia Basso recensisce “I sogni di Anna”

“I sogni di Anna” di Silvia Ricci Lempen edito da Vita Activa
si presenta oggi alla Libreria Minerva di Trieste
Cinque donne in lotta
per trovare la felicità
attraverso tempo e storia

 

La recensione Giulia Basso
È un romanzo fiume, che narra il destino di cinque donne seguendole in diversi momenti della loro vita da un luogo all’altro, da Roma a Glasgow, da Losanna al Marais Poitevin, a Ginevra, e in un arco temporale di un secolo. S’intitola “I sogni di Anna” e la sua autrice, Silvia Ricci Lempen, romana di nascita e losannese d’adozione, che si definisce “bilingue al punto da non sapere qual è la sua lingua madre”, ha scelto di scriverlo in due versioni originali, una francese e una italiana, portate avanti in parallelo e in cui nessuna è traduzione dell’altra. Sono «due versioni diverse quanto necessario per corrispondere ai rispettivi universi linguistici e culturali», spiega l’autrice, che per questo peculiare progetto bilingue è stata premiata nel 2015 con una borsa letteraria di Pro Helvetia. La versione italiana, recentemente pubblicata da Vita Activa (pagg.368, euro 17) con illustrazioni di Daria Tommasi, sarà presentata oggi alle 18.30 alla Libreria Minerva. Dialogheranno con l’autrice Fulvio Senardi e Gabriella Musetti, con letture a cura di Luisa Cividin e Giuliana Pregellio.”I sogni di Anna” non è un’opera di agile lettura. Non segue un ordine cronologico, tenta piuttosto di riprodurre il funzionamento della memoria nella vita reale, con balzi da un periodo all’altro. E anche il legame tra le cinque donne narrate, eroine forti ma ferite, è una trasmissione incerta, come la memoria. La struttura del romanzo s’ispira al film The Hours, di Stephen Daldry: questa storia dolente di tre donne, legate da una lettura comune, ha colpito fortemente l’autrice. “C’è stata un’epoca della mia vita in cui il dolore mi aveva ridotta a una bestiola con le ossa rotte”, scrive nella postfazione del libro, annotando che per quanto le storie raccolte in “I sogni di Anna” siano inventate, in qualche modo le appartengono: “Sono come una diffrazione infinita di me stessa, fatte della stessa pasta di emozioni, anche se spostate, disgregate o rovesciate, come nei sogni”. L’affresco sulla femminilità offerto dal libro, che racconta di donne di diversa età e nazionalità, parte da Federica, ventiquattrenne stanca di arrabattarsi nella capitale per poche centinaia di euro al mese che decide di partire per Glasgow per costruirsi una nuova vita. Federica scrive a Sabine, chiedendole se le capita ancora di pensare a Moritz, adultero infelice, una storia di più di vent’anni prima, quando Sabine, giovane teologa protestante, a Losanna voleva cambiare le parole dei canti di chiesa, per farla finita con quel Dio testardamente maschio. Sabine conduce a Gabrielle, la moglie del suo amante, che le racconta della sua adolescenza negli anni’60, in un angolo della provincia francese, e del suo amore per un’altra donna, Lucille, impensabile all’epoca. Gabrielle incontrerà Clara, con un’altra vicenda da raccontare, e Clara condurrà ad Anna e alla sua favolosa vita notturna, incredibilmente ricca di sogni. In questa staffetta al femminile le storie si dipanano in luoghi e periodi storici diversi: il libro, la cui scrittura è durata più di cinque anni, è frutto di meticolose ricerche per restituirli al meglio. Le protagoniste, quasi passandosi il testimone, ingaggiano una serrata lotta per la felicità, con una volontà ostinata di andare avanti, di progredire. C’è un’immagine che nel libro attraversa i secoli e l’inconscio, richiamando il meccanismo del film di Daldry: un dipinto di Aloïse Corbaz, visto da Sabine e Gabrielle al Musée de l’Art Brut di Losanna. Occhi turchesi a mandorla, capelli arancioni riccioluti e il petto pieno di pietre preziose, l’imperatrice bizantina ritratta da Aloïse simboleggia la libertà al di fuori delle norme, il mondo dell’immaginazione che si sostituisce e viene preferito al mondo reale. Come i sogni di Anna, che danno il titolo al romanzo. —

 

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