Balcani, le passioni e la politica
Tre libri molto diversi, ma tutti interessanti, raccontano la ex Jugoslavia di Tito e anche gli anni più recenti: la scrittrice serba Gordana Kuić ha appena pubblicato da noi la seconda puntata della saga delle sorelle Salom, mentre nel suo memoir Ana Cecilia Prenz Kopušar, argentina italiana nata a Belgrado, scrive dei suoi tre Paesi. E Elvira Muić compone una ironica vicenda tra l’Italia, dove vive e la Bosnia
di SILVIA NEONATO
Belgrado, la guerra è finita, i partigiani di Tito danno avvio alla ricostruzione. Che ne è delle coraggiose e anticonformiste sorelle ebree Salom che abbiamo lasciate sperse per l’Europa, in fuga dalla loro Sarajevo e dal nazismo? La poliglotta Buka, l’unica ebrea ortodossa, è morta. Klara, libera e ribelle fin da giovanissima, è emigrata coi figli negli Stati Uniti, dove si è ricostruita una vita senza il capriccioso marito. La più anziana e burbera Nina, insieme col bel marito fedifrago, raggiunge a Belgrado la sorella Blanki, che dopo le nozze con il serbo ortodosso Marco, ha cambiato persino il nome e si chiama Branka Korać.
Blanki/Branka, la più dolce e solare delle sorelle Salom, forse quella che più ha ereditato dall’amatissima madre Estera, è ancora la figura centrale del nuovo romanzo della scrittrice serba Gordana Kuić, “Fiori di tiglio nei Balcani”. È scampata ai nazisti nascondendosi come la sorella Riki, la spiritosa, solitaria e indomita ex ballerina classica che si era formata a Vienna dopo la prima guerra mondiale e che ora non può più danzare dopo una rovinosa caduta. Branka vive con la figlia Inda (che è poi la scrittrice stessa) e Riki un difficile dopo guerra. Il marito di Branka, che tra le due guerre aveva costruito un piccolo impero di cinema, giornali e hotel, è incarcerato come nemico del popolo e patisce i lavori forzati, mentre la moglie e la cognata crescono la piccola Inda, svendendo ogni bene rimasto per sopravvivere.
Quando Marco torna finalmente a casa, incontra difficoltà terribili a trovare lavori anche umili, che accetta comunque senza piangere sul passato e con orgoglioso disagio. Inoltre si trova a sperimentare, insieme a moglie, cognata e figlia, l’invadenza delle convivenze forzate cui il regime costringe coloro ai quali ha lasciato la proprietà dei loro appartamenti, confinandoli però in spazi ristretti. A Belgrado mancano infatti le abitazioni per i giovani contadini e i montanari che hanno combattuto il nazismo e ora cercano casa e lavoro nella capitale. La famiglia Korać ospita prima un giovane partigiano e poi una coppia che li opprime con sadica supponenza, trascinandoli varie volte davanti al giudice per le loro colpe di irriducibili, viziati borghesi! La descrizione che ne fa l’autrice è illuminante sui primi, difficili anni del governo di Tito.
Kuić descrive ancora le vicende della propria famiglia e il suo nuovo romanzo storico, come il precedente volume – “Il profumo della pioggia nei Balcani” dove una foto ci mostrava le cinque sorelle Salom – offre molti spunti per capire la regione balcanica, i suoi conflitti, ma anche la sua straordinaria ricchezza di culture, religioni e tradizioni. Ritroviamo vivo anche il fratello minore Salom, ma lui ha lasciato i Balcani e scrive a Branka lunghe, bellissime lettere da Israele, dove ha partecipato alla costruzione del nuovo Stato e dove vive, offrendo un approfondito angolo di visuale sulla diaspora ebraica dopo l’Olocausto e sulla nascita del nuovo Paese in cui la solo l’entusiasmo permette di superare difficoltà varie, tra cui la babele delle lingue parlate dagli ebrei in arrivo da ogni nazione europea.
“Fiori di tiglio nei Balcani” è un grandioso sequel e, come il primo libro, intreccia le passioni delle sorelle Salom, dei loro amici e dei loro parenti con le vicende storiche di un’area a noi geograficamente vicina eppure misteriosa. Musulmani, ebrei e cristiani ortodossi e cattolici convivono nella Jugoslavia di Tito in una apparente pace, perché sono piuttosto i conflitti di classe a dominare la scena. Kuić sa raccontare sia le sofferenze di chi ha dovuto fare spazio al nuovo ordine sia le speranze delle giovani generazioni. Diverso è infatti il vissuto della figlia di Branka e Marco, Inda, che non trova disprezzabile la sua vita di giovane socialista a Belgrado, libera di fare le proprie esperienze amorose e che trascorre le vacanze estive a Dubrovnik presso zia Nina, l’altra sorella della madre, amata quasi quanto zia Riki, con cui è cresciuta e che l’ha formata. Sempre notevole la figura di Riki, ormai zoppicante e dolente, ma che non sopporta di essere vittima, né i compromessi amorosi e il regime di Tito. Forte, come la madre e le sorelle tutte, emigra e sa ricominciare un’altra vita negli Sati Uniti dove raggiunge la sorella Klara.
Il romanzo di Gordana Kuić, lungo ma molto scorrevole e ricco di intrecci appassionanti, non arriva a parlare delle guerre balcaniche degli anni ’90 a differenza della storia familiare di Elvira Muić e del breve, acuto memoir di Ana Cecilia Prenz Kopušar “Attraversando il fiume in bicicletta”, edizioni Vita Activa di Trieste.
Figlia di una argentina e di un uomo di origini istriane che deve fuggire dal paese sudamericano quando si impone la dittatura violenta del generale Videla negli anni Settanta, Ana Cecilia Prenz Kopušar cresce quindi a Belgrado, dove i suoi genitori emigrano speranzosi e che sarà per lei patria della libertà e, come per Inda, luogo delle avventure di pioniera socialista. Ben diverso, insomma, è il suo ritratto della Repubblica di Tito rispetto a quella di Kuić, anche perché sono passati alcuni decenni dagli inizi dello stato socialista e perché per i suoi genitori la Jugoslavia è stato il paese che li ha ospitati quando erano perseguitati. Oggi la scrittrice e traduttrice pluri premiata (come del resto lo è Gordana Kuić, che si divide tra Stati Uniti e Croazia) abita prevalentemente a Trieste e ci racconta anche la propria parte italiana. Prima che l’Istria diventasse titina e jugoslava, i suoi nonni istriani, cioè italiani, emigrarono in Argentina, dove era nato suo padre. Lì ha incontrato la madre e lì Ana ha trascorso alcuni anni. Nel suo racconto si fondono le diverse emigrazioni, i Paesi, le dittature e le guerre e il suo cervello vigile offre uno spaccato realista e partecipe della vita di diverse generazioni costrette a misurarsi con una storia complessa e molto dura, che arriva fino alle guerre degli anni Novanta.
Anche Elvira Muić, la più giovane delle tre autrici e la più divertente, affronta la guerra balcanica degli anni Novanta, ma nella storia dei suoi nonni bosniaci affiora per intero il Novecento, la prima guerra mondiale e l’invasione delle truppe italiane nei Balcani, testimoniata dall’originale titolo, “Dieci prugne ai fascisti”.
In realtà Elvira vive da anni in Italia con la madre e in questo nuovo libro scrive magnificamente nella nostra lingua. Come sempre mescola ironia e tragedia, narrandoci questa volta l’avventuroso rientro della salma della nonna in Bosnia. L’anziana, che ha lasciato il marito a 70 anni per venirsene a stare con la figlia e i nipoti in Italia, ha infatti espresso il desiderio, una volta morta, di essere seppellita nella terra natia. Il viaggio di ritorno, movimentato ed epico, permette alla povera nonna di rientrare nel suo Paese e riunisce i nipoti emigrati in Italia agli zii rimasti in patria. La famiglia è segnata dall’uccisione degli zii di Elvira durante il massacro di Srebrenica: ci sono pagine indimenticabili sulla più recente tragedia balcanica e sulla ricostruzione di Paesi tormentati e affascinanti.
Sono tre libri da leggere e da godere per farsi un’idea approfondita di un secolo di storia che si intreccia molto spesso a noi e ai sogni e alle delusioni di almeno tre generazioni di europei.
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Gordana Kuić
Il profumo della pioggia nei Balcani
Traduzione Manuela Orazi
Bollati Boringhieri, Torino 2016, pagine 652, £ 19
Ana Cecilia Prenz Kopusar
Traduzione dell’autrice
Attraversando il fiume in bicicletta
Vita Activa, Trieste 2016, pagine 120, £ 12
Elvira Muić
Dieci prugne ai fascisti
Elliot, Roma 2016, pagine 156, £ 16
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