Katia Pizzi in un saggio antologico di Vita Activa

Parlare di «letteratura triestina» è tutt’altro che inconsueto, ma la sola definizione restituisce già di per sé, di questa città di frontiera dalla storia e dall’identità molto peculiari, una sua singolare particolarità: quella di configurarsi, dal punto di vista della cultura letteraria, non tanto come il capoluogo di una porzione territoriale tutto sommato neanche troppo estesa, quanto come una capitale culturale fitta di nomi, di opere e di istanze al pari di un’intera nazione. Un tratto, questo della densità autoriale – che permane tale anche considerando la più vasta dislocazione di matrice istriana e slovena da cui alcuni autori e autrici provenivano e provengono – forse più evidente a chi non è nativo del luogo e, dall’anima complessa della città, si lascia stupire e catturare; una topografia, quella dei temi e dei linguaggi, dall’identità molteplice e per molti versi indefinita –  o definita proprio dalla sua promiscua e sfuggente pluriappartenenza – che non è facile catalogare, e che avvinghia da tempo        in discussioni e tentativi di definizione quei nativi o quei non nativi che della città hanno fatto una patria forse elusiva ma quanto mai avviluppante…continua a leggere

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